La costante instabilità degli estuari influenza fortemente le forme di vita in essi presenti, favorendo la selezione e la differenziazione di entità euriecie, capaci di resistere alle ampie variazioni delle condizioni ambientali. In particolare, gli organismi degli estuari sono eurialini (adattabili ad un ampio range di salinità).
Regolazione dei liquidi interni: principi generali
Il corpo di un animale, sia esso acquatico oppure terrestre, per funzionare correttamente deve mantenere un certo equilibrio interno, definito omeostasi. Per consentire il corretto svolgimento delle principali funzioni cellulari, è infatti necessario che l’ambiente intracellulare presenti determinate caratteristiche: un pH costante (i cui valori ottimali possono comunque essere diversi da specie a specie), un preciso contenuto ionico, un preciso rapporto qualitativo e quantitativo tra questi e quelli contenuti nel liquido extracellulare (ambiente esterno). Per consentire ciò, gli animali hanno evoluto precisi meccanismi di osmoregolazione, con i quali si mantengono in equilibrio rispetto all’esterno.
Limitatamente agli organismi acquatici, il diverso tipo di mezzo esterno (acqua dolce oppure acqua salata) influenza differentemente i liquidi interni. Se la concentrazione salina dei liquidi interni di un animale è minore di quella dell’ambiente esterno, si dice che questo è iposmotico rispetto all’ambiente. Viceversa, se il contenuto salino dei liquidi interni di un animale è maggiore di quello dell’ambiente esterno, si dice che questo è iperosmotico rispetto all’ambiente. Se invece non c’è differenza tra le concentrazioni saline, il liquido interno è isosmotico rispetto a quello esterno.
Per il principio dell’osmosi, l’acqua tende a passare dall’ambiente a minor concentrazione a quello a maggior concentrazione, fino al raggiungimento dell’equilibrio tra le due concentrazioni: pertanto, a seconda del rapporto esistente tra il liquido interno e quello esterno (iso-,ipo- oppure iperosmotico) gli animali dovranno fronteggiare problemi diversi.
Un vertebrato d’acqua salata è sempre iposmotico rispetto al mare circostante (è il caso di tutti i pesci ossei, o osteitti, marini, nei quali la concentrazione salina corporea è circa un terzo di quella del mare); per il principio dell’osmosi, l’acqua tende a diffondere all’esterno, abbandonando i liquidi interni. Un pesce in questa situazione rischia la morte per disidratazione. Per scongiurare questo pericolo, i pesci hanno evoluto specifici meccanismi di osmoregolazione. Gli osteitti marini tendono a bere molta acqua di mare per compensare la perdita interna; inoltre, i reni emettono urine molto concentrate, limitando al massimo la perdita di acqua. Così facendo, però, i pesci ingeriscono anche molti sali in eccesso che devono essere espulsi. Non dai reni, poiché i reni producono poca urina, bensì da apposite cellule di escrezione degli ioni cloruro, localizzate nelle branchie. Anche l’apparato digerente è in grado di concentrare alcuni sali nelle feci.
I condroitti (o pesci cartilaginei) marini, come le razze e gli squali, hanno una concentrazione salina nei liquidi interni pari alla meta di quella del mare. Anche essi, quindi, tendono a disidratarsi, ma reagiscono in un modo del tutto peculiare: essi conservano i prodotti di rifiuto dei reni (principalmente urea) nei liquidi organici. Questo fa si che i liquidi interni raggiungano concentrazioni persino leggermente superiori rispetto a quelle del mare, che per osmosi richiamano acqua, liberando i condroitti dalla necessità di bere acqua salata. Eventuali sali in eccesso vengono espulsi da una ghiandola rettale specializzata.
Lo stesso meccanismo per aumentare la concentrazione salina dei liquidi interni è adottato anche dall’unico anfibio che regolarmente vive in acqua salmastra, la rana cancrivora (Rana cancrivora), e da una tartaruga d’acqua salmastra (Malaclemys terrapin).
Un vertebrato d’acqua dolce (fondamentalmente un pesce) è sempre iperosmotico rispetto al mezzo esterno; per questo motivo tende continuamente ad assorbire acqua e a perdere sali tramite diffusione. Per evitare danni all’organismo, questi animali bevono molto poco e possiedono reni molto efficienti, che emettono grosse quantità di urina diluita (in pratica acqua) in grado di bilanciare l’alta quantità di acqua assimilata dall’esterno. In aggiunta, i pesci d’acqua dolce possiedono cellule assorbenti cloruro nelle branchie, che recuperano dall’esterni i sali perduti con le copiose urine. Anche il rene è anche in grado di riassorbire ioni utili (in particolare sodio e potassio) dalle urine, e l’apparato digerente dagli alimenti.
Gli invertebrati acquatici hanno evoluto strategie differenti soprattutto quelli marini. Molti di essi sono infatti osmoconformisti, ovvero rimangono isosmotici rispetto al mezzo esterno se questo non varia, non perdendo né assorbendo acqua. In presenza di piccole variazioni essi perdono acqua (se l’ambiente esterno diventa più concentrato) oppure la acquistano (se l’ambiente esterno diventa più diluito). Nei casi più estremi di osmoconformismo, l’esposizione dell’animale ad acqua marina diluita causa un rigonfiamento abnorme delle cellule, con conseguente scoppio delle stesse e morte dell’organismo. Esistono comunque anche ossiconformisti eurialini, capaci di regolare la concentrazione interna di soluti per rendersi isosmotici con il mezzo esterno.
Gli invertebrati dulciacquicoli invece sono sempre osmoregolatori: i molluschi mantengono basse le concentrazioni di soluti nei liquidi extracellulari, abbassando il gradiente osmotico tra questi e il mezzo esterno. I crostacei possiedono un esoscheletro impermeabile all’acqua, che limita le superfici di entrata della stessa.
In aggiunta a questi meccanismi specifici, tutti gli invertebrati dulciacquicoli sono capaci di pompare all’esterno l’acqua in eccesso e di assorbire selettivamente ioni dall’acqua esterna per convogliarli nel proprio corpo.
(Continua)
BIBLIOGRAFIA Mitchell, L.G., Mutchmor, J. Dolphin, W.D., ZOOLOGIA, ed. Zanichelli. AA.VV., ENCICLOPEDIA DEGLI ANIMALI, vol. 11, National Geographic Society.
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